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I fatti non parlano da soli

domenica 15 dicembre 2013

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No, non parlano affatto da soli. Sono come i dati (dati di fatto, appunto), di per sé sono inerti. Per prendere forza devono essere messi in relazione con altri fatti, devono essere tenuti insieme da una teoria. Perché il fatto nudo e crudo saràpure quello che avviene sotto l’occhio, ma quando viene riportato il fatto si trasforma e assume le sembianze che gli vengono (im)poste da chi lo esprime.

Volete un piccolo esempio? Una manifestazione di protesta, la vetrata di una banca che viene infranta. Come descrivere questo fatto, uguale per gli occhi di tutti, con quali parole? Ci saràqualcuno che diràche la banca è stata attaccata, ad esempio. E ci saràqualcuno che diràche la banca è stata sanzionata. Il fatto a cui si riferiscono è il medesimo, ma l’espressione usata no. E non si tratta affatto di una pedanteria, di una innocua preferenza per una parola rispetto ad un’altra, perché l’uso di quelle espressioni non è casuale.

Pensiamo al termine attaccare. Il suo significato è ambivalente, perché può voler dire molte cose. Ma qui è ovvio che il senso è quello di «assalire in forze», di «combattere». Una banca viene attaccata perché è considerata nemica. Ed è nemica perché è simbolo e ramificazione concreta di quel capitalismo che da secoli pone il profitto sopra ogni altra cosa, sfruttando esseri umani, scatenando guerre, avvelenando il pianeta. Ed i nemici non vanno tollerati, perdonati, migliorati, consigliati. Non vanno nemmeno puniti perché non c’è un diritto comune da far rispettare, ci sono modi di vivere contrapposti che vanno affermati e quindi difesi. I nemici si combattono, punto e basta. È facile capire il motivo per cui ad attaccare può essere solo chi si pone in ostilitàassoluta nei confronti delle banche, del denaro, del capitalismo.

Pensiamo ora al termine sanzionare. Anche qui il suo significato è ambivalente, giacché può voler dire sia «approvare, detto di un’autoritào di un organo competente» che «punire con sanzioni». Nel caso delle vetrate di una banca in frantumi, è chiaramente la seconda accezione a cui ci si riferisce. Ma allora cosa è una sanzione? È il «mezzo con cui una norma, spec. giuridica, impone il proprio rispetto stabilendo delle conseguenze negative a carico di chi la trasgredisce». Ciò significa che l’uso del termine sanzionare denota un immaginario spiccatamente istituzionale, perché solo una autoritàpuò sanzionare la trasgressione di una norma. Non stupisce quindi che a farne uso siano gli orfani del contro-potere, i soli ad essere interessati a diffondere l’idea che le banche vadano punite in nome di un’altra autoritàa cui obbedire, di un’altra norma da rispettare, di un’altra istituzione da instaurare. Viceversa, è anche ovvio che chi non vuole costruire nessun «potere costituente», alternativo e rivale di quello attuale, non ha motivo di usare una simile espressione.

Perché il linguaggio crea mondi, non è mai inoffensivo e neutro. Qui però cominciano i problemi. Creare un linguaggio che sia tutt’altro, in grado di evocare un mondo oggi inesistente come quello senza alcuna autorità, non è facile. Non lo è da inventare, ma lo è ancor meno da capire. Scriveva un poeta: «Non canto questo mondo e gli altri pianeti nemmeno/ Canto tutti i possibili che ho in me fuori da questo mondo e dai pianeti/Canto la gioia del vagabondaggio e il piacere di morirne». Belle parole, ma non sono fatti. La poesia talvolta scalda il cuore, ma non riempie la pancia né dàun tetto sopra la testa. Il linguaggio della libertànon è comprensibile, non è percepibile da chi è abituato alla grammatica dell’obbedienza. Motivo per cui chi ambisce a farsi comprendere da tutti non ha scampo: è costretto ad attenersi al giànoto, a rifiutare lo stra-ordinario.

Se la teoria è letteralmente un «guardare», su cosa si stanno puntando gli occhi quando si afferma che il Muos va ostacolato perché non rispetta le norme europee? Che il Tav va fermato perché non accelera veramente la circolazione delle merci? Che le grandi opere vanno bloccate perché sono uno spreco di denaro pubblico? Si passa dalla critica radicale al rimprovero cittadinista senza rendersi conto che questa pragmatica propaganda canta questo mondo con tutti i suoi satelliti, canta tutti i possibili che sono dentro a questo mondo ed ai satelliti, canta la tristezza dell’esistente e il dovere di viverci.

[15/11/13]

[Tratto da Finimondo.]