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Marsiglia: recenti scritti dalla lotta contro la prigione per sans-papiers del Canet

lunedì 12 settembre 2011

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Continuano gli incidenti nella prigione per stranieri senza documenti del Canet, a Marsiglia: rifiuti d’imbarcarsi, distruzione di materiale, un incendio, resistenze individuali e collettive. Qui di seguito troverete qualche testo a proposito della lotta che ha luogo in questi momenti all’interno e all’esterno del CIE del Canet.

Solidarietàattiva contro le espulsioni!

Il 5 settembre 2012, una decina di persone si dàappuntamento all’aeroporto di Marignane [l’aeroporto di Marsiglia, NdT], per opporsi all’espulsione di A., detenuto al CIE del Canet. Quando eravamo andati a fargli visita al colloquio, ci aveva detto della sua intenzione di resistere all’imbarco ed il suo desiderio di una presenza solidale.

Arrivati/e all’aeroporto, troviamo il volo e gli sportelli del check-in e cominciamo a parlare ai passeggeri. Ci rivolgiamo a tutti, famiglie, giovani e vecchi, per spiegare loro la situazione di A., quello che lascia qui, che non troveràniente né nessuno in Algeria. Raccontiamo loro anche quello che succede al centro del Canet e li informiamo delle condizioni della detenzione in quel luogo. Le persone che avviciniamo sono, a parte rare eccezioni, abbastanza ricettive al nostro messaggio. Alcune ci assicurano anche che faranno qualcosa. Una di loro è giàstata testimone di tre rifiuti di espulsione. Forte della sua esperienza, riesce a motivare altri passeggeri.

Fine del check-in, inizia una lunga attesa dietro il vetro che dàsulla pista. Manteniamo dei contatti, benché irregolari, con alcuni passeggeri che si trovano nell’area d’imbarco e con A., che ha potuto tenere il suo cellulare nei locali della PAF [Police aux frontières, divisione della polizia francese che si occupa del controllo delle frontiere e del contrasto all’†immigrazione illegale†, NdT]. Gli sbirri portano sull’aereo due detenuti ammanettati, prima che salgano i passeggeri. A. rifiuta l’imbarco, gli sbirri ne prendono atto, visto che si tratta del suo primo rifiuto, e lo fanno scendere. L’altro detenuto resta nell’aereo, ma gli altri passeggeri, che hanno potuto organizzarsi mentre erano in sala d’imbarco, si oppongono alla sua espulsione. Il detenuto scende quindi anche lui dall’aereo, senza aver avuto bisogno di esprimere il suo rifiuto (cosa che a volte può costare un foglio di via obbligatorio dal territorio francese). Ritorno al CIE…


Forum Réfugiés: rapaci e sciacalli della macchina delle espulsioni.

Forum Réfugiés è un’associazione che lavora all’interno dei CIE francesi. Insieme ai medici, sono i soli civili ad intervenire nei centri. La loro funzione dovrebbe essere quella di seguire i procedimenti giudiziari dei detenuti ed aiutarli con i loro ricorsi, controllare che siano applicate le condizioni legali della detenzione, mantenere i legami con i parenti se i detenuti lo chiedono… Lungi dall’aiutare i detenuti, questa associazione, come tutte quelle che lavorano nei CIE, serve giusto da cauzione umanitaria per lo Stato.

Ma Forum Réfugiés non si accontenta di essere un avvoltoio della macchina delle espulsioni e di pagarsi gli stipendi sulle spalle dei migranti imprigionati. Forum Réfugiés è un vero attore di questa macchina delle espulsioni, allo stesso titolo della polizia, delle imprese che partecipano alle espulsioni, di quelle che lavorano nei centri o che li costruiscono (Bouygues, Sodexo, Accord, Air France, SNCF, SNCM, CTN...).

In questi ultimi tempi, al CIE di Marsiglia, questa associazione si è particolarmente impegnata a sabotare le pratiche giuridiche ed amministrative dei detenuti. Ricorsi inviati con qualche fatidico minuto di ritardo, quando erano in grado di inviarli in tempo. Formulari di domanda d’asilo politico forniti una volta su due. Denuncie, sporte dai detenuti, che non vengono registrate. Rifiuti di comunicare a familiari ed amici certe informazioni, fra cui quelle concernenti le date di espulsione. Arrivano anche a negare, davanti a degli avvocati, l’incendio del 1 settembre. Perché pubblichino un comunicato sulle condizioni della detenzione, ci è voluta quasi la morte di una donna, quest’estate.

Vestita di un’uniforme blu, di un camice bianco o di un’etichetta umanitaria, la repressione saràsempre la repressione. I suoi agenti serviranno sempre gli interessi dello Stato: la polizia migliore non porta la divisa!


D’incidente in incendio

Continuano gli incidenti nella prigione per stranieri senza documenti del Canet, a Marsiglia: rifiuti di imbarcarsi, distruzione di materiale, un incendio, resistenze individuali e collettive.

Il centro è sovrappopolato, gli sbirri insultano e pestano quotidianamente. I detenuti vengono riempiti di medicinali (ansiolitici…). I tentativi di suicidio e gli atti di automutilazione sono moneta corrente. Quando i prigionieri cercano di resistere all’espulsione, vengono imbavagliati e legati con del nastro adesivo. Il cibo è scaduto, etc.

La lotta all’interno trova un’eco all’esterno: si sono presi dei contatti con i detenuti, è stata divulgata l’informazione sulla loro situazione, ci sono stati del sostegno giuridico, dei saluti rumorosi, dei presidi…

Se noi lottiamo a fianco dei detenuti non è per ottenere delle condizioni di prigionia migliori, ma per distruggere tutte le prigioni. Se denunciamo le violenze poliziesche, non è per chiedere una polizia rispettosa dei diritti dell’uomo. La funzione della polizia è quella di proteggere la violenza degli interessi delle classi dominanti, è quella di difendere la violenza della proprietàprivata, di impedire ogni tentativo di rivolta, di obbligarci, attraverso la paura e la repressione, ad accettare le regole di un gioco truccato. La violenza di questo sistema noi la subiamo tutti i giorni ed i “guardiani della pace†[gardien de la paix, in Francia, è il nome ufficiale dell’agente di polizia “di base†, non graduato; NdT] sono quelli della guerra sociale contro i poveri.

All’interno dei rapporti di dominio e di sfruttamento capitalista, gli stranieri clandestini vengono utilizzati dallo Stato padrone per abbassare il prezzo della manodopera e livellare verso il basso l’insieme delle condizioni di lavoro.

Gli stranieri senza documenti sono una popolazione che viene usata allo scopo di normalizzare e far accettare i dispositivi di controllo che si estendono a tutte le classi dominate (retate nei quartieri, schedature a livello internazionale, obbligo di sottomettersi ad un sacco di formalitàamministrative…) .

Essere solidali con i clandestini in lotta, è capire che abbiamo tutti gli stessi interessi, contro questo sistema che ci domina e ci sfrutta. Essere solidali con i clandestini in lotta, è battersi contro l’insieme dei dispositivi di controllo e di repressione che noi tutti subiamo.

Essere solidali con i clandestini in lotta, è lottare contro le separazioni, quelle che fanno che i poveri si ammazzano fra di loro mentre il dominio si estende.


Da dentro

La vita nel centro.
“Ci picchiano molto e ci minacciano. Ci trattano come merde, in questo periodo tutti i giorni perquisiscono le celle, ci picchiano e buttano tutto in aria, aprono le celle alle 6 del mattino e le richiudono alle 23, è una gabbia per polli.
Durante il ramadan, non volevano dare i medicinali alla gente, danno poco cibo, che non è halal, il medico viene solo per un’ora a settimana.
Se qualcuno protesta, gli danno delle pasticche e lo mettono in isolamento in una stanzaâ€

Le espulsioni.
“Hanno espulso François e un altro tipo insieme. Li hanno legati tutto intorno con dello scotch e li hanno espulsi un mattino.â€

La pressione.
“La gente qua dentro vorrebbe evadere, ma è difficile. Hanno messo degli sbirri in rinforzo, c’è molta sorveglianza, in questo momento, se tu vedessi a che punto siamo sorvegliati avresti le vertigini, è pieno di sbirri.â€
“Il mattino mi hanno portato al tribunale, alle 8,30, eravamo tre, ci hanno ammanettati gli uni agli altri, ho protestato e mi hanno detto: “Tu parli troppo, mentre gli altri stanno zitti†e mi hanno fatto entrare da solo in ufficio, mi hanno detto. “Ascolta, fai attenzione, sappiamo tutto di te, sappiamo chi sono gli amici che hai fuori, sappiamo tutto di loro e presto potremo mandarti in galera.â€

L’incendio e le conseguenze.
“Sabato, alle 21, dopo cena, al secondo piano è stato acceso un fuoco ed il blocco del secondo piano è interamente bruciato, hanno messo tutti i detenuti di quel blocco nei due blocchi del piano terra. Hanno quindi messo 3, 4 o 5 detenuti in ogni cella, dormiamo tutti per terra. Hanno arrestato un algerino, lo hanno mandato in galera, e ci sono dei tipi che sono stati messi in isolamento. Stanno facendo un’indagine, ogni volta mettono qualcuno in isolamento e l’interrogano parlandogli delle immagini delle telecamere. Minacciano di mandarli in galera a causa dell’incendio. Non sappiamo cosa vogliano fare delle persone che tengono in isolamento. Ieri, sono venuti a prendere un tipo nel nostro blocco, accusandolo di aver fatto passare un accendino dal secondo piano, attaccato ad un cordino. Abbiamo detto che non abbiamo visto nessun accendino nel nostro blocco. […] Ci minacciano in continuazione, ci perquisiscono e perquisiscono le celle. Cercano degli accendini. Dicono che se facciamo entrare degli accendini, saremo espulsi di sicuro. Per il momento aspettiamo, non capiamo nulla di quel che succede. […]
Hanno messo una quantitàallucinante di sbirri in rinforzo. È una squadra nuova, non si comportano bene. Ogni due secondi interrogano qualcuno chiedendogli se ha un accendino o se sa chi ha un accendino, al momento non ci capiamo nulla†.


Presidio
sabato 8 settembre alle 18.
Davanti al CIE del Canet.
Boulevard des peintures, métro Bougainville.

In questa prigione per stranieri senza documenti, che nasconde quel che è, quante bastonature, persone mandate all’isolamento, camice di forza chimiche, pressioni psicologiche?
Una detenuta ha sfiorato la morte a causa delle violenze e dell’assenza di cure, un altro si è impiccato, è ancora in ospedale.

Nel centro, gli atti di resistenza individuali e collettivi sono frequenti: scioperi della fame, inizi d’incendio, rifiuti di imbarcarsi e di cooperare…

Dopo numerose azioni all’esterno (presidi, l’occupazione di una nave per impedire un’espulsione, saluti rumorosi…) esprimiamo ancora una volta la nostra solidarietà, affinché i detenuti ci sentano!

Rompiamo l’isolamento!
Solidarietàcon i sans-papiers!