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Non esistono “morti sospetteâ€

A proposito della morte di un detenuto alla Santé.

domenica 11 marzo 2012

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Pochi giorni fa, il 16 febbraio, dentro le mura della prigione della Santé [a Parigi, NdT] un detenuto del primo reparto è morto. La chiamano una “morte sospetta†, ma smettiamola di giocare con le parole. Quelle condizioni, rinchiusi come bestiame prima del macello del Tribunale, isolati da quelli che ci mancano e ci amano, soli di fronte a tutta la societàche ci manda i suoi secondini per assicurarsi che qui stiamo bene come se fossimo all’inferno, senza cure mediche d’urgenza, mangiando pasti pieni di calmanti che non darebbero nemmeno ai loro cani, riempiti di ansiolitici dagli spacciatori in camice bianco del pronto soccorso o del servizio medico-psicologico del carcere, infantilizzati dai servizi sociali, no, quelle non sono condizioni di vita. Allora affermiamo senza ambiguitàche ogni morte in prigione è un assassinio e che i responsabili sono quelli che comandano questa macchina, da quelli che girano le chiavi nelle porte a quelli che disegnano i progetti di questi torrioni di tortura mentale e fisica, da quelli che, in divisa da sbirro o in toga da giudice, riempiono le prigioni a quelli che si riempiono le tasche costruendo queste anticamere della morte, fornendovi il vitto, sfruttando i prigionieri, truffandoli con la spesina, etc.

Aveva 19 anni ed un giorno, durante l’ora d’aria, è crollato. Un detenuto che era presente racconta: “Eravamo in cortile, semplicemente. È stato male. È caduto all’indietro. Talmente forte che tutti si sono girati, al momento dell’impatto al suolo della sua testa. Una parte dei detenuti in ora d’aria si è quindi messa a picchiare alla porta per chiamare i soccorsi. (…) Ci è voluto un quarto d’ora prima che i soccorsi arrivassero. Vi dirò cos’è successo in quel quarto d’ora. Sono arrivati il capo del reparto ed il direttore, che hanno detto ai detenuti di portare il malato davanti alla porta. Alcuni detenuti hanno detto al direttore: “Aspetti, signor direttore, lo vede che il giovane sta molto male. È tutto grigio, è davvero grigio, non possiamo spostarlo così, aspettiamo che i soccorsi vengano loro nel cortile.†E il direttore ha detto: “No, no, nessuno entra nel cortile. Raccoglietemi ‘sta roba!†.
Dopo il passaggio all’infermeria, il detenuto viene rimandato in cella, con due aspirine e un mal di testa molto forte. Ma, come sempre, i sorveglianti se la prendono comoda, non rispondono quando lui chiama e se ne fregano. “La ronda che passa si accorge che non sta bene, apre la porta, ma non fa niente. “Hai un’emicrania. Aspetta domani mattino.†Lui dice “No, sto davvero male†. Altri detenuti che sanno quello che è successo giù in cortile dicono quindi ai secondini: “Ascoltate, quel giovane non finge. Sta davvero male (…)†. Ma i sorveglianti rifiutano di chiamare i soccorsi, il capo dei sorveglianti dice: “No, io non chiamo nessuno, è soltanto un’emicrania†. Quelli della seconda ronda vedono che il caso è un po’ più grave. Cosa fanno? Sono le 22 o le 23, per tutto il tempo il giovane non ha smesso di lamentarsi. Gridava, il poveretto, dalla mia cella lo sentivo, “Non ne posso più, la mia testa scoppia, sto male!†. Stava agonizzando dietro la sua porta, ma loro non gli credevano ancora. E quindi, se ricordo bene, c’è stata una terza ronda, gli hanno detto: “Torniamo†, ma non sono tornati. Ha quindi agonizzato nella sua cella fino alle tre e mezza del mattino, dalla mia cella lo sentivo piangere. Normalmente c’è una ronda verso le cinque del mattino; quel giorno là, stranamente, non c’è stata.“

Aveva 19 anni ed aveva male alla testa. Alle 7 lo hanno trovato morto davanti alla porta della cella, nello stesso posto in cui aveva agonizzato tutta la notte. La sorvegliante di ronda suona l’allarme per chiedere che qualcuno venga, e continua la sua ronda come se niente fosse.

Sappiamo tutti che la prigione uccide. Alla fine, a che serve ripeterlo ancora, senza riflettere allo stesso tempo alla possibilitàdi farla finita una buona volta, e per sempre, con la prigione ed il mondo che la produce e che tanto le assomiglia. E anche se è difficile parlare serenamente della prigione, anche se è difficile non farsi atterrire dall’atmosfera lurida che essa spande sulle nostre vite, non saràper mezzo delle lacrime che risolveremo il problema; al contrario, con le lacrime ci si può soltanto annegare. L’indignazione non ha mai fatto cadere un solo muro e non la faremo mai finita con la prigione per mezzo del Diritto e della Legge, poiché è sulle loro pietre che essa è costruita. Esprimiamo allora la nostra solidarietàcon i prigionieri in lotta, portando la loro lotta fuori e la nostra dentro.

Ci piacerebbe poter far rivivere tutti quelli che sono morti all’interno di quelle mura, fare vivere il loro ricordo attraverso la lotta contro la macchina carcerale, il mondo che la produce e che tanto le assomiglia.

Una prigione accettabile è una prigione che brucia!

(volantino trovato per le strade del Nord-est di Parigi e all’accesso ai colloqui della Santé)