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I neon delle cittàilluminano soltanto la nostra collera

lunedì 2 aprile 2012

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Vorrebbero farci credere che la cittàé il progresso, ma mai il progresso ci distrugge così profondamente come quando costruisce. Le cittànelle quali viviamo sono all’immagine delle nostre vite civilizzate: noiose, fredde, vuote di senso, talmente grandi da schiacciarci, talmente prive d’aria da soffocarci. Per riempire il vuoto delle nostre esistenze urbanizzate, abbiamo dato delle identitàalle città, per credere che esse siano uniche, che ci possa essere una qualche ragione di andare fieri di viverci. Ma, comunque, le cittàsi assomigliano tutte. Chi può ancora distinguere, da una cittàall’altra, un supermercato, un centro commerciale, una stazione, un aeroporto o una prigione?

Chi ancora vorrebbe riappropriarsi della città, gestirla o anche autogestirla, piuttosto che distruggerla?

A cosa servono quelle panchine su cui non si sta mai comodi, a cosa servono quei tetti spioventi sui quali non possiamo ammassare pietre da lanciare agli sbirri, quelle luci che ci abbagliano per renderci meglio visibili agli occhi minacciosi delle sempre più numerose telecamere di sorveglianza, le pattuglie di sbirri che ci vietano di radunarci qui o là, quel filo spinato su cui ci laceriamo le gambe quando saltiamo i muri che ci rinchiudono, quelle strade talmente immense che ci sentiamo troppo piccoli per bloccarle con barricate, quei pompieri che ovunque cercano di spegnere i nostri fuochi di gioia e di collera, quei mediatori che cercano di orientare la nostra rivolta al servizio di questo mondo senza sapore e quei politici che vedono nella cittàlo spazio ideale per contenerci, parcheggiarci e sterilizzare la nostra rabbia. Ma l’urbanismo é solo uno dei meccanismi di questa societàdi dominio, esso funziona in sintonia con il sistema giudiziario, il mantenimento dell’ordine pubblico, la caccia agli indesiderabili, il sistema educativo e carcerale e tutte le altre istituzioni del potere e dell’autorità. Il suo scopo é quello di costruire delle cittàottimizzate per il controllo esercitato dagli sbirri e dai cittadini. Non c’è un urbanismo emancipatore, ci sono solo cittàda distruggere con mille fuochi.

La cittàtende solamente alla massificazione ed alla standardizzazione degli individui, la sua ristrutturazione punta soltanto a prevenire ogni eccesso o rivolta ed assicurare quella pacificazione che garantisce il buon funzionamento sociale ei rapporti di dominazione.

Il più piccolo angolo di ogni cittànon risponde che a due bisogni: il controllo sociale ed il profitto.

Perciò, noi non vogliamo riappropriarci delle città, né gestirle da noi, poiché esse non ci sono mai appartenute, esse non sono mai state altro che strumenti del dominio che subiamo, altro che prigioni a cielo aperto, e ne abbiamo abbastanza. La sola cosa che possiamo fare con le città, é trasformarle in terreni di gioco in cui liberare i nostri desideri insorti.

A quelli che vogliono civilizzarci, noi rispondiamo con le nostre passioni selvagge e distruttrici, fino alla fine di ogni dominio. La città, non vogliamo né fuggirla, né riappropriarcene, vogliamo distruggere, intensamente e con gioia, il mondo che la produce, insieme ad essa...
Per l’insurrezione.

Alcuni selvaggi

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