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Parigi: sgombero del Bolivar. Un primo resoconto.

domenica 9 maggio 2010

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4 maggio, ore 16:30. Poco prima delle due, quasi 300 sbirri (con un elicottero equipaggiato di due telecamere) sono intervenuti, su domanda del Comune di Parigi, per sgomberare l’edificio al numero 51 di Avenue Simon Bolivar ed arrestarvi i tunisini del Collettivo da Lampedusa a Parigi.

La porta ha tenuto un po’ dal lato esterno, resistendo ai gendarmi, e soprattutto dall’interno, da dove la sessantina di clandestini e la ventina di compagni tornati o restati per difendere lo spazio hanno difeso il passaggio in una massa umana rafforzata da assi-scudi. Dopo un tempo che ci è sembrato infinito, fatto di rabbia e collera, i gendarmi hanno spezzato la nostra resistenza e si sono letteralmente gettati, manganello alla mano, alla caccia. Un primo gruppo [di occupanti, NdT] è rifugiato al piano superiore, un secondo, con la maggior parte dei compagni, nel sottosuolo. Questo secondo gruppo, vedendo poi che la porta non era tenuta che da quattro grossi agenti in civile, ha lanciato una contro-carica, schiacciando i piedipiatti al proprio passaggio verso l’uscita. Qualche tunisino che era con noi è riuscito a scappare, prima che gli sbirri che stavano fuori ci fermassero e ci mandassero a raggiungere il centinaio di manifestanti disposti lontano, all’esterno.

Più di 100 tunisini sono stati caricati su tre furgoni e portati ai commissariati del 19° e 20° arr. (così come una quindicina di compagni presi durante gli scontri che hanno seguito). Per tutta la durata di questa retata super muscolosa (il ministro dell’interno Guéant è venuto di persona al municipio del XX° arrondissement poco prima dell’operazione), il grosso centinaio di manifestanti (gli occupanti ed i loro amici, più un presepe di sinistri, venuti, per la maggior parte, per fare bella figura) non ha ceduto di fronte agli sbirri, gridando “Libertà! Libertà!†agli immigrati tunisini fatti uscire a grappoli e messi nei tre furgoni, ma anche “Delanoe [il sindaco di Parigi, NdT], primo dei partigiani di Ben Ali!†, “Ben Ali, torna qui, hai dimenticato i tuoi cani!†, “Sbirri, porci assassini†, “Guéant, fascio, avremo la tua pelle!†, “Contassot, collaboratore†(questo responsabile dei Verdi si faceva intervistare nel bel mezzo degli sbirri, durante la retata), etc. Il tutto con rabbia, molta collera e tensione.

I membri dell’associazione SOS Racisme sono stati allontanati a forza, nonostante l’NPA [partitino trotzkista, NdT] e qualcuno della CNT [sindacato libertario, NdT] li abbiano difesi (i primi per amicizia, i secondi in nome dell’unità). Si è cercato in vano, con un movimento rapido, ma poco partecipato, di bloccare il primo furgone che portava i tunisini al commissariato. Le linee di celerini si sono rafforzate poco a poco, chiudendo i manifestanti contro le griglie del parco delle Buttes Chaumont. Quando tre impiegati della Sicurezza del Comune di Parigi hanno voluto chiudere le griglie ed è stato loro impedito con la forza, i celerini hanno caricato e tutti quelli che restavano sono potuti entrare nel parco (nello scambio di colpi, un celerino si è fatto fregare il manganello, molti compagni hanno preso delle botte per tenere la porta aperta abbastanza a lungo da far uscire tutti dall’accerchiamento, i celerini si sono presi in faccia della spazzatura e dei vasi di geranio, etc.).

Quindi, al momento, almeno 100 tunisini arrestati al Bolivar sono nei commissariati (senza contare tutti quelli delle retate di ieri sera in strada e attorno alle fermate del metro, più quelli dei giorni precedenti). La prefettura parla di 138 arresti.

Ora il Comune se la prende con i soliti radicali, per giustificare il fatto di aver firmato la richiesta di sgombero: “I contatti in loco [con i tunisini, NdT] sono stati resi molto difficili dalla presenza di collettivi anarchici o radicali, che hanno preferito denigrare l’azione e l’impegno del Comune e delle associazioni, piuttosto che accompagnare ed aiutare realmente gli immigrati tunisini. Essi hanno preso una pesante responsabilità, convincendo questi ultimi a restare in quel luogo – ad eccezione di una decina che, ieri, hanno accettato di andare in una struttura di accoglienza – ed incoraggiandoli esplicitamente ad affrontasi con le forze dell’ordine†.

Il solito paternalismo vomitevole verso tutti i poveri, con o senza documenti. Come se i tunisini del Collettivo da Lampedusa a Parigi, una parte dei quali ha partecipato – come migliaia d’altri - alle rivolte e agli scontri in Tunisia per cacciare Ben Ali dal potere, non fossero capaci da soli di costruire un rapporto di forza e di volerla far finita con i cani in uniforme che rovinano loro la vita e fossero troppo scemi per permettersi di rifiutare le briciole cadute dal tavolo del Comune e dei suoi collaborazionisti associativi. In questo campo, sono loro che hanno molto da insegnarci e i ricchi scambi vissuti nella quotidianitàdi questi tre giorni e tre notti di occupazione comune non sono che un inizio di condivisione.

Continua…