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Rivolta e solidarietà

mercoledì 20 febbraio 2013

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Il 14 febbraio 2014 è scoppiata una rivolta al CIE di Vincennes [Parigi, NdT]. Gli sbirri volevano espellere un detenuto che il giorno precedente aveva giàopposto resistenza ad un tentativo di espulsione e sono venuti a prenderlo alle tre di notte. Ogni giorno ci sono delle espulsioni nelle prigioni per stranieri. Questa volta, però, non è andata come gli sbirri prevedevano: tutte le persone rinchiuse si sono rivoltate per impedire questa espulsione: delle telecamere di sorveglianza sono state tappate con del burro, delle porte scardinate sono state usate come barricate o come proiettili, degli estintori sono stati svuotati e lanciati, dei vetri infranti. Gli sbirri hanno chiamato rinforzi: 23 compagnie e dei colpi di manganello per soffocare la rivolta. Molte persone rimangono ferite e due vengono arrestate e portate in commissariato.

La sera dopo, il 14, fuori dalle mura del centro vengono sparati dei fuochi d’artificio, per salutare la rivolta ed esprimere solidarietà. Qualche minuto più tardi, cinque persone vengono fermate nel bosco di Vincennes e messe agli arresti.

Dopo 48 ore, i sette vengono trasferiti nelle celle del tribunale e portati a processo per direttissima. I due detenuti del CIE sono stati giudicati per “distruzione in concorso con altri†e condannati a due mesi di prigione da scontare immediatamente. Uno dei due si è anche beccato due mesi aggiuntivi, con la condizionale, per aver rifiutato il prelievo del DNA durante l’arresto. Per la altre cinque persone, accusate di “adunata sediziosa armata e a volto travisato†e di aver rifiutato di farsi prendere impronte, foto e DNA, il processo è stato rinviato al 24 marzo. Nel frattempo, tre sono in libertàvigilata e due in carcerazione preventiva. Un’udienza per la loro liberazione è prevista per il 25 febbraio. I quattro sono finiti alla prigione di Fleury-Mérogis.

La sera di martedì 18 c’è stato un presidio di solidarietàa Barbès [quartiere popolare del nord di Parigi, NdT], sono stati distribuiti dei volantini che raccontano quanto successo e chiamano alla solidarietàe sono stati appesi due striscioni: “Sabotiamo la macchina delle espulsioni. Libertàper tutti e tutte†e “Fuoco ai CIE. Distruggiamo tutte le prigioni†.

Lo stesso giorno, poco prima, gli sbirri hanno ancora fatto una retata di clandestini in quel quartiere, arrestando più di 60 persone. A Barbès, la pressione poliziesca è continua, al fine di cacciare venditori abusivi, clandestini e tutti/e quelli e quelle che non rientrano nel quadro voluto da politici e investitori: un quartiere attraente, alla moda, in cui i poveri marciano stretti ai muri ed i borghesi occupano la strada.

Da Barbès alla prigione o al CIE c’è soltanto un passo, tutti/e lo sanno bene. Un controllo può velocemente concludersi con la reclusione: la mancanza di documenti, un oltraggio ad agente, il rifiuto di farsi prendere le impronte, qualcosa di illegale in tasca, etc…

Opporsi alla pressione poliziesca, impedire un’espulsione, sparare dei fuochi d’artificio davanti ad una prigione, significa rifiutarsi di abbassare sempre la testa in questa societàfatta di controllo e di sfruttamento, che cerca di spezzare gli individui perché si sottomettano alle loro regole ed alle loro norme.

La lotta continua.

Solidarietàcon i quattro incarcerati.
Libertàper tutti e tutte, con o senza documenti.